L’infermiere

N’antro turno de notte, n’antro giro de giostra
che tante miserie ogni giorno me mostra,
e nun lo sa nessuno a chi tocca la sorte:
da qua ritornano solo i forti,
è ’na roulette russa, è tutta ’na morte.

Quanno me viè da piagne me chiudo e nun ce penso,
faccio quer che posso pe’ daje un senso
ma nun me so da’ pace, che nun posso fa’ gnente
p’allungà li fili troppo corti
ai quali sta appesa tutta ’sta ggente.

Me dicono “sei ’n eroe, l’orgojio nazzionale”,
e intanto c’ho du’ processi ar tribbunale,
perché un anno fa so’ morti du’ pazzienti
e pe’ raddrizzà chissà che torti
m’hanno denunciato, incazzati, li parenti.

Io nun me raccapezzo, so’ pure infastidito,
già che ritorno a casa ogni sera sfinito
co’ li lividi ’n faccia pe’ questa mascherina,
pensanno a tutti quei pori morti
che nun ritroverò domani a mmatina.

Eppure me sto zitto e sempre tiro avanti,
e come me ce ne stanno ancora tanti.
Ner mezzo der casino mantengo l’allegrezza
pure a la fine dei giorni storti,
e dono a tutti un po’ de leggerezza.

Gianluca Cinelli

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Una risposta a "L’infermiere"

  1. è una delle poesie più belle scritte in dialetto romanesco dai tempi di Belli. Elegante nella sua complessa forma metrica e al tempo stesso arguta e commovente, “L’infermiere” è una magnifica rappresentazione poetica del lavoro e dei sentimenti di chi sta vivendo in prima linea l’esperienza difficile del coronavirus. Drammatica, realista; profonda e leggera al tempo stesso. Piena di uno spirito stoico che saggiamente sa affrontare la durezza della vita senza mai perdere un barlume di allegria

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